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28 Febbraio 2007

Bellezza di un rompicapo... infinito.

Sfido tutti gli amici del blog a leggere quest'articolo, segnalato dal blogghettino svizzero Ambient1, tutto d'un fiato e fino in fondo. A chi ce la farà, andrà il Nobel per la scienza sibillina!!!

John D. Barrow sarà uno dei protagonisti del Festival della matematica che si svolgerà a Roma, all'Auditorium, dal 15 al 18 marzo e che verrà presentato oggi. Il Festival, diretto da Piergiorgio Odifreddi, si concentra su "La bellezza dei Numeri e i numeri della bellezza".

Fra i protagonisti alcuni dei più grandi scienziati del mondo, a cominciare dal Premio Nobel John Nash, che con Odifreddi parlerà del paradosso di essere passato alla storia come colui che ha ragionato sul tema dell'equilibrio, avendo sofferto la condizione dello schizifrenico. Fra gli altri, interverrano lo scacchista Boris Spassky e poi Andrew Wiles, Michael Atiyah, Alain Connes, Benoit Mandelbrot, Douglas Hofstadter, Carlo Cellucci, Giulio Giorello e Paolo Zellini

Da Repubblica del 23 febbraio 2007 pag 60

Quanto é reale l'infinito
Di John D. Barrow
L'infinito ha assillato l'intelligenza umana per migliaia di anni. Assilla in uno stesso modo teologi e scienziati sfidandoli a comprenderlo, a ridimensionarlo, a scoprire se assume forme o dimensioni diverse, e a decidere se preferiamo estrometterlo o piuttosto includerlo nella nostra umana rappresentazione dell'Universo.

E' altresì argomento di grande attualità: la ricerca da parte dei fisici di una teoria del Tutto é stata essenzialmente guidata da un preciso atteggiamento nei confronti degli infiniti. La comparsa di una risposta infinita ad un interrogativo posto nell'ambito delle teorie della fisica delle particelle é sempre stata considerata il segnale che nel processo di ricerca di una teoria del Tutto si era imboccata una strada sbagliata. Per decenni la loro inevitabile ricomparsa é stata trattata con una strana procedura di esclusione, in virtù della quale dai calcoli era rimossa la parte relativa all'infinito per rilasciarvi soltanto un residuo finito, da riscontrare poi con l'osservazione diretta. Malgrado gli esiti di questo cosiddetto processo di "rinominalizzazione" abbiamo portato a una corrispondenza straordinariamente positiva con gli esperimenti, sussisteva sempre un profondo imbarazzo per il fatto che questa stonatura non poteva far parte della realtà fisica.

Tutto ciò é cambiato nel 1982. L'entusiasmo col quale le teorie delle superstringhe sono state immediatamente accettate dai fisici era una conseguenza della loro ingegnosa messa al bando del problema degli infiniti che aveva assillato i loro predecessori. Essendo la teoria delle superstringhe una teoria finita, così si sosteneva unanimamente, si trattava senza dubbio di una teoria migliore. Resta da decidere se dovremmo presumere che la materia sia scomponibile in modo infinito. Saremo mai in grado di scoprire particelle sempre più minuscole, sempre più elementari, all'interno di quelle che individuiamo, come in una sequenza infinita di bambole matrioska? Oppure esiste invece un limite, "un qualcosa" di più infinitesimale , una dimensione minima, una frazione di tempo più esigua in corrispondenza della quale tutto giunge a un punto definitivo, una soglia oltre la quale non é più possibile andare? Ciò pare porbabilmente e quel punto finale sarà determinato dalla dimensione della stringa fondamentale. Gli elementi di base della materia non sono piccole "palline" che possano essere scomposte e nuovamente scomposte all'infinito. Ciò nonostante, non abbiamo idea se lo spazio e il tempo in definitiva siano distinti e a sé, o se formino un Continuum. Ciò che sappiamo con sicurezza e che studiare le strutture discrete e discontinue é infinitamente più complicato che studiare quelle continue. La teoria delle stringhe riflette la generale prassi lavorativa adottata dagli studiosi che reputano che la comparsa di un infinito reale in una teoria fisica sia il segnale che di quella teoria é stato fatto cattivo uso, portandola ben oltre il suo dominio di applicabilità. Poiché essa necessita pertanto di una rettifica, allorché é perfezionata gli infiniti ininvariabilmente ne risultano livellati in quantità molto grandi ma finite. Esiste nondimeno un area scientifica nella quale per tradizione i professionisti sono disposti a prendere con maggiore serietà la previsione degli infiniti reali, pur continunado ad ammettere la possibilità che questi di fatto possano indicare che le nostre migliori teorie matematiche hanno avuto esito negativo.

I cosmologi sono ancor più in confidenza con gli infiniti, molti dei quali appartengono alla varietà "potenziale". L'universo potrebbe essere infinito nelle sue dimensioni, o avere davanti a sé una storia futura infinita, o ancora contenere un numero infinito di stelle. Si tratta di infiniti potenziali, che non rappresentano una sfida localizzata alla struttura del reale. Non li si raggiungerà mai. Altri però sono più allarmanti: sembrano infiniti "reali". Per decenni i cosmologi sono stati lieti di convivere con l'idea che l'Universo di spazio e tempo avesse avuto inizio in una "singolarità", in coincidenza della quale la sua temperatura , la sua densità e pressoché ogni altra cosa divennero infinite in un tempo definito del passato. Similmente, quando le grandi stelle esauriscono il loro combustibile e implodono sotto la contrazione gravitazionale paiono condannate a raggiungere uno stato di densità infinita in un tempo finito. Strano a dirsi, queste crisi paiono sempre verificarsi avvolte dall'orizzonte degli eventi di un buco nero, così che noi non possiamo vederle né percepirne gli effetti del mondo esteriore. Roger Penrose, che é lieto che gli infiniti reali accadano al centro di un buco nero, una volta prospettò l'ipotesi che le leggi di natura forniscano una forma di censura cosmica che fà sì che questi infiniti fisici senza veli siano sempre racchiusi dagli orizzonti degli eventi. Tutto ciò richiama alla memoria l'Agente Celeste invocato dai filosofi medievali al fine di impedire la creazione di un vuoto effettivo in qualsiasi processo fisico. I cosmologi hanno un altro strano infinito su cui riflettere: la possibilità di un finito infinito. L'universo pare essere destinato a durare per sempre? E che cosa significa "per sempre"? La vita, in qualsiasi sua forma, può continuare per sempre? E, su un piano più umano, che cosa implicherebbe e significherebbe per noi - da un punto di vista sociale, personale, psichico, legale materiale e psicologico - vivere per sempre? Esistono poi universi di dimensioni infinite nei quali i cosmologi devono prendere in esame il paradosso della replicazione infinita. Secondo il quale se l'universo é infinito e casuale fino in fondo, allora qualsiasi evento che abbia una probabilità finita di verificarsi (la mie esistenza, per esempio, e la vostra) deve pertanto verificarsi infinitamente spesso, ovunque, in questo stesso momento. Inoltre, per ogni vicenda che ci riguarda, ovunque nell'universo si staranno verificando tutte le sue possibili alternative.

Questa é una sfida molto seria per qualsiasi tipo di etica e per la teologia di pressoché tutte le religioni alle quali aderiscono gli esseri umani. Alcuni scienziati considerano questo aspetto a tal punto problematico da reputarlo una valida argomentazione a sostegno della tesi dell'universo di dimensioni finite. Si dovrebbe tenere bene a mente che la finitezza della velocità della luce ci isola da qualsiasi contatto con i nostri doppi. In pratica, noi possiamo vedere e ricevere soltanto i segnali provenienti da una parte circoscritta dell'universo. Anche i matematici hanno dovuto occuparsi della realtà dell'infinito e la questione é stata una delle pìù importanti che abbiamo mai dovuto affrontare. Un secolo fa i matematici rischiarono una sorta di guerra civile disputando sul significato di infinito, conflitto che fece molte vittime e si lasciò dietro molto malumore. Alcuni volevano bandire gli infiniti dala matematica e ridefinirne gli ambiti e i confini in modo tale da escludere qualsiasi possibilità di trattare gli infiniti alla stregua di "cose" reali. Alcune riviste furono chiuse e in seguito ai loro tentativi di escludere possibilità di trattare gli infiniti alla stregua di "cose" reali. Alcune riviste furono chiuse e in seguito ai loro tentativi di escludere quanti avrebbero voluto includere gli infiniti in matematica alcuni matematici subirono un vero e proprio ostracismo. L'ingegno di Georg Cantor dimostrò in che modo avessero senso i paradossi che Albertoda Sassonia e Galileo avevano individuato per primi. Qual' é la definizione di serie di infiniti? Può un infinito essere più grande di un altro? Esiste un infinito ultimo, olte il quale nulla di più vasto può esserci o essere concepito, oppure gli infiniti si susseguono all'infinito? Cantor sfortunatamente non visse abbastanza a lungo da vedere il frutto della sua intelligenza essere ammesso nell'ambito riconosciuto della matematica. Emarginato e osteggiato dagli influenti oppositori dei matematici dell'infinito, egli abbandonò la matematica per lunghi periodi e soffrì di attacchi di depressione per poi morire in un ospedale psichiatrico. Merita di essere ricordato il fatto che furono i teologi più che i matematici a cogliere appieno e per primi l'importanza del lavoro di Cantor: Gli antichi e i moderni teologi hanno faticato a dare un senso agli infiniti che si celavano dentro le loro dottrine e nelle loro teorie. Dio é infinito? Non dovrebbe dunque essere "più grande" di altri infiniti più ordinati e banali, come l'elenco di tutti i numeri positivi? Ed eccoci arrivati all'opportunità di distinguere, come fece Cantor, le diverse varietà di infinito: quello matematico, quello fisico, e quello trascendentale. I filosofi antichi, a cominciare da Zenone, per molti aspetti erano stimolati e incuriositi dai paradossi degli infiniti, ma che dire dei filosofi odierni? Di che tipo di problema si preoccupano mai? Nel punto di contatto tra scienza e filosofia si dibatte in modo acceso di questioni relative, per esempio, alla possibilità o meno di eseguire un numero infinito di incombenze in un tempo definito. Chiaramente, questo semplice interrogativo impone qualche chiarimento: per esempio, che cosa si intende esattamente per "possibile", "incombenze", "infinito", numero", "finito" e, infine - ma non meno importante "tempo"?

Quanto più ci si addentra nella scienza moderna tanto più ci si imbatte in tutta una molteplicità di strani problemi relativi all'infinito: l'universo é finito o infinito? Continuerà per sempre? E il passato, é infinito? Può accadere qualcosa in un Universo infinito? Un computer potrebbe impiegare un tempo infinito per risolvere questi problemi? La maggior parte delle persone pensa che infinito e mancanza di confini siano'un unica e medesima cosa. Per quanto curioso, non é così. Esistono cose finite che non hanno confine alcuno: si consideri per esempio la superficie di una palla da biliardo. Esistono poi modi alquanto insoliti in virtù dei quali il tempo può essere finito e ciò nonostante non aver fine. Di norma noi pensiamo al tempo come a una linea diritta che si dispiega di fronte a noi, simile ad una fila di soldati che marciano uno dietro l'altro : ciascuno di quei soldati é contemporaneamente davanti e dietro tutti gli altri! Se il tempo é circolare in questo modo, allora il tempo si muove in tondo e a quel punto é possibile concepire ogni tipo di strano paradosso: voi potreste leggere questo mio articolo e viaggiare indietro nel tempo per ripetermi parola per parola quanto é stato detto: Più tardi, un poco più vecchio ma ahimé non per questo più saggio, io lo potrei trascrivere. Quale sarebbe, a quel punto, la sua vera origine? Voi lo avreste sentito da me, e io da voi.

John d. Barrow é docente presso il dipartimento di matematica applicata e fisica teorica del centro di scienze matematiche dell'università di Cambridge.

Traduzione di Anna Bissanti


Postato da annamaria alle 00:57



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